LA PUBBLICITA' CI FA INSEGUIRE LE AUTO E I VESTITI, FARE LAVORI CHE ODIAMO PER COMPRARE CAZZATE CHE NON CI SERVONO.
(Tyler Durden)

Citazione del mese:

"Ci trattavano come delle stelle del Cinema, ma eravamo più potenti, eravamo tutto. Le nostre mogli, le madri, i figli campavano bene con noi. Io avevo dei sacchetti pieni di gioielli nella credenza in cucina, avevo una zuccheriera piena di cocaina sul comodino accanto al letto. Mi bastava una telefonata per avere tutto quello che volevo: macchine gratis, le chiavi di una dozzina di appartamentini in città. Scommettevo 30 mila dollari ai cavalli di domenica, e sperperavo le vincite la settimana dopo oppure ricorrevo agli strozzini per pagare gli alibratori. Non aveva importanza, non succedeva niente quando eri in bolletta andavo a rubare un altro po' di grana, noi gestivamo tutto; pagavamo gli sbirri, pagavamo gli avvocati, pagavamo i giudici stavano sempre con la mano tesa, le cose appartenevano a chi se le prendeva. E adesso è tutto finito. È questa la parte più dura, oggi è tutto diverso. Non ci si diverte più, io devo fare la fila come tutti gli altri e si mangia anche di schifo. Appena arrivato ordinai un piatto di spaghetti alla marinara e mi portarono le fetuccine col Ketchup. Sono diventato una normale nullità. Vivrò tutta la vita come uno stronzo qualsiasi."

("Quei bravi ragazzi")
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venerdì 27 febbraio 2009

THE WRESTLER ( MOVIE # 61)


(Ho avuto la fortuna di vedere in Francia questo film, non mi andava di aspettare l'uscita in Italia.)

Questa volta non mi va di compiere troppi giri di parole, voglio essere diretto: The Wrestler è il più bel film che abbia visto da un anno a questa parte. Poche storie mi hanno appassionato e soprattutto colpito come questa. Certo, sa molto di “Toro Scatenato” e di “Rocky” è vero, ma ha un suo stile e alcune sue caratteristiche, sa di realtà, di vita quotidiana sudicia e sporca, di quella vita che tante persone affrontano ogni giorno senza alcuna speranza; quella vita cosi ben raccontata e descritta che sembra tratta da uno dei miei autori letterari preferiti Charles Bukowski.

Normale dunque che questo film alla luce della storia mi abbia cosi tanto preso!

La storia narra le gesta di Randy "The Ram" Robinson un wrestler professionista che si è ritirato dalle scene e che riprende a lottare in un circuito indipendente per cercare di guadagnarsi un ritorno sul ring delle grande competizioni. Storia dunque banale e già vista come abbiamo detto, ma non fermiamoci assolutamente alle apparenze, perché sarebbe un delitto.

Partiamo subito col botto, cioè dalla prova di Mickey Rourke. Lo avevamo lasciato nelle ultime pessime apparizioni in uno stato pietoso, un fantasma ridotto ecce homo per tutti quei problemi personali che sappiamo. Ogni volta che vedevo un suo film stavo male per lui, nel ricordare di come fosse cambiato e annegato nella mediocrità. Ebbene è semplicemente rinato. E’ tornato il Mickey Rourke degli anni 80, quell’attore favoloso che aveva colpito tutti per la sua durezza e al tempo stesso sensibilità. In questo film, (forse anche perché il personaggio di Randy “L’Ariete” Robinson in fondo gli somiglia molto) addirittura si supera per riuscire ad esaltare tutte le varie sfumature del proprio personaggio, va oltre se stesso con una prova magistrale, perfetta. Magnifico, raggiunge i livelli di Stallone in Rocky. Si perché come nel primo Rocky, il film non è incentrato sullo sportivo ma sull’uomo, sulla persona distrutta e vinta dalla vita che tenta malgrado tutti e tutto di dare una sferzata, di rialzarsi anche temporaneamente, per un solo secondo, per poter urlare che è viva con tutte le proprie forze. Sicuramente meritava secondo me l’Oscar per la recitazione, non oso immaginare quanto bravo sia stato Sean Penn per averlo battuto!


Profondo e toccante, pone a mio avviso alcune delle questioni fondamentali dell’esistenza: cosa vi resta quando non possedete più nulla? Come comportarsi quando non potete più praticare quell’unico lavoro che sapete fare? Sappiamo tutti quanto sia difficile smettere ed accettare la dura realtà che il nostro fisico non regge più a certi ritmi. Cerchiamo di negarcelo, di non pensarci ma la realtà è terribile e soprattutto non concede sconti a nessuno.

Randy Robinson è un fallito, un perdente che riconosce i propri errori ma che vuole fare qualcosa per rimediare. Restaurare i rapporti con la propria figlia, chiarire quelli con la donna che ama e rispettare quelli con il suo pubblico e i suoi fans. Memorabili alcuni dialoghi tra lui e Stephanie o con la spogliarellista, centrano perfettamente l’obiettivo, mostrandoci la vita nuda e cruda senza alcun effetto speciale o momento forzato. Ed è qui che subentra la genialità del regista Darren Aronofsky. La sceneggiatura infatti, non cerca di influire la visione dello spettatore ne di portare alcun giudizio sui personaggi che dipinge. E’ semplice, onesta ed efficace. Per questo la regia s’incolla all’uomo per farci immergere nella sua intimità con quei magnifici piani sequenza tramite telecamera a spalla che ne esaltano la triste situazione. Aronofsky dirige i combattimenti di wrestling con una violenza sorprendente, realizzando degli incontri ultra realistici e immergendoci nelle atmosfere di sudore e di sangue del ring in maniera sublime. Si vede assolutamente il suo tocco geniale e si consacra come uno dei migliori registi attuali.

Anche gli altri attori sono azzeccati, cosi come i loro personaggi. Marisa Tomei, nel ruolo di spogliarellista, recita ottimamente la parte della donna disincantata cosi come Evan Rachel Wood quella della figlia disillusa e arrabbiata a morte col proprio padre.




Non ci sono solo lacrime in questo film; si sorride, e anche molto; soprattutto nelle scene prima dell’incontro dove i vari lottatori si salutano come veri amici e si organizzano su come comportarsi sul ring; chi deve schienare per primo o su quale tipo di calcio adottare. Fantastico come tutto sia preparato e come il pubblico si fomenti per questo spettacolo teatrale!



Infine una nota di merito alla colonna sonora: equilibrata e malinconica, con una strepitosa chiusura finale di Bruce Springsteen, che sforna ancora una volta, una canzone commovente sia per testo che per la musica.

Un film da vedere e rivedere. Favoloso.


Certo Mickey Rourke non ha ricevuto la statuetta, ma che emozione e gioia ritrovarlo a questi livelli. Come ha ben detto Sean Penn, “Welcome back on the ring Mickey!”

E questo è sicuramente meglio che una semplice statuetta non credete?


venerdì 15 febbraio 2008

The fountain - L'albero della vita (Film #21)

L'albero della vita - The fountain

Anno: 2006

Regia: Darren Aronofsky

Attori principali: Hugh Jackman, Rachel Weisz, Ellen Burstyn, Mark Margolis, Donna Murphy


Dal punto di vista della regia non c'è molto da dire, Aronofsky è una sicurezza. Belli gli effetti speciali anche se non si tratta di un film di azione, la fotografia curata da Mathew Libatique, e la musica di Clint Mansell.


In breve la storia tratta di un uomo (Hugh Jackman), di professione ricercatore medico, la cui giovane moglie (Rachel Weisz) è malata di cancro al cervello. Nel disperato tentativo di trovare una cura, il marito si dedica pienamente alla ricerca di un nuovo farmaco. La moglie nel frattempo scrive un libro che racconta la storia di un conquistador (hugh Jackman) incaricato dalla regina di Spagna (Rachel Weisz), assediata da un inquisitore assetato di potere, di partire alla ricerca di un albero che secondo le leggende Maya sarebbe l'albero della vita, che venne nascosto da dio dopo la cacciata di Adamo ed Eva dal giardino dell'Eden.


Le due storie vengono quindi raccontate in parallelo nel film, ma sia per la scelta di utilizzare gli stessi attori, sia per i significati che si colgono, queste due vicende seguono lo stesso percorso, e rispecchiano la stessa realtà.

Una terza Storia si intreccia con queste due: quella di un astronauta che viaggiando verso una nebulosa di nome Xibalba, spera di raggiungere la vita eterna.


Questo film solleva un primo quesito che personalmente ho trovato palese, ovvero, se sia più importante cercare disperatamente un rimedio ad una situazione che essenzialmente non riusciamo a controllare, oppure stare vicino alla persona che si ama e passare insieme gli ultimi istanti di felicità. Si possono sicuramente riscontrare sentimenti di frustrazione e rimpianto per quello che il protagonista ha cercato di fare. Lui cerca di un modo per salvare la moglie ma allo stesso tempo cerca di starle il più vicino possibile. Fors
e sul finale si lascia intendere che una delle due soluzioni sarebbe stata la migliore da seguire.

Un altra questione sollevata è quella secondo la quale raggiungendo la consapevolezza di aver vissuto quello per cui vale la pena vivere, questa stessa consapevolezza ci fa accettare la morte con più serenità.

Infine, per quanto mi riguarda, l'ultimo aspetto da analizzare attraverso una metafora: "[...] è una nebulosa che avvolge una stella morente. [...] Un giorno, molto presto esploderà, dando alla luce nuove stelle."


L’approccio filosofico alla morte è dunque il tema principale di questo film. Il regista riesce secondo me a rappresentare bene e in modo originale questo tema, senza scadere nella banalità. C’è da dire inoltre che la rassegnazione e la consapevolezza della morte vengono accettate per mezzo di una fede, una credenza, qualunque essa sia.


Ritroviamo due attori di “Requem for a dream”, Ellen Burstyn (che invece di invecchiare sembra ringiovanita) e Mark Margolis. Molto bravi anche i due attori principali, che vestono i panni di tre personaggi diversi.

lunedì 22 ottobre 2007

Requiem for a dream (Movie number five)


Titolo: Requiem for a dream.
Produzione: USA.
Anno: 2000.
Regia: Darren Aronofsky.
Attori Principali: Ellen Burstyn, Jared Leto, Jenifer Connelly, Marlon Wayans.
Genere: drammatico
Durata: 102 minuti circa.

Un film sulle ipocrisie della società moderna, che mette in risalto i vizi di ciascuno ed i falsi miti ai quali siamo sottoposti quotidianamente. Viene messo in scena un quadro che ci appare molto familiare, una madre (Ellen Burstyn) che, accecata dall’amore materno, accetta le violenze dell’unico figlio (Jared Leto), drogato, che insieme alla fidanzata (Jenifer Connelly) e ad un amico (Marlon Wayans), sprofonda nella desolazione causata dalla dipendenza dalla droga. A sua volta, la madre si rifugia nell’effimero mondo della televisione, con la vana speranza di poter passare un giorno sul piccolo schermo. Questa speranza, la spinge ad andare da un sedicente dietologo, che senza alcuno scrupolo somministra anfetamine ai propri pazienti, causandone la dipendenza. La percezione della realtà dei protagonisti passa agli spettatori tramite delle techniche molto semplici ma inusuali: ripetitizione in serie di alcune scene, primi piani, visioni, accelerazioni, split-screen... tecniche usate fino all’ultimo con lo scopo di far capire bene allo spettatore lo stato d’animo dei personaggi, il disgusto per quella vita, ma allo stesso tempo la rassegazione al fatto che quella è l’unica sorte possibile. “Requiem for a dream” come si evince dal titolo, è un film che non lascia speranze ai personaggi, tutti sono alla ricerca della realizzazione di un sogno che non vedrà mai la luce. Nonostante la ricerca dell'inquadratura come mezzo di interazione con il pubblico, Aronofsky non lascia il segno con questo film se non per pochi istanti dopo la visione. Sicuramente migliori "Pi, il teorema del delirio" e "The fountain" (film con tematiche a mio avviso più profonde e stimolanti).


Voto: 7,5


Citazioni:

Harry: “La sai una cosa? Sei in assoluto la ragazza più bella che abbia mai conosciuto."
Marion: "Davvero?"
Harry: "L’ho pensato appena ti ho vista."
Marion: "Sei così dolce Harry. Mi fai così bene al cuore. Me l’hanno detto anche altri prima, ma non voleva dire niente."
Harry: "Perché, credevi che ti prendessero in giro?"
Marion: "No, no, non era questo, è che…bo non lo so, forse mi prendevano in giro, ma chi se ne frega. E’ che detto da loro non voleva dire niente, niente, ma se lo dici tu lo sento, lo sento davvero."
Harry: "Con una come te credo riuscirei a far funzionare la mia vita."
Marion: "Credi?”

Curiosità:

- Nel film compaiono anche due vecchie conoscenze: Mark Margolis e Samia Shoaib. Questi due attori hanno avuto ruoli importanti nel film “Pi, il teorema del delirio”, del 1997 sempre di Aronofsky.

- Tra gli ospiti dello show televisivo compare il regista stesso.

- Il protagonista Jared Leto, fa attualmente parte della band musicale "30 seconds to Mars".